"Va ricostruito il tessuto sociale nei luoghi dell'abbandono, nei comuni polvere. Solo le cooperative possono ricostruire il tessuto dei servizi". Aldo Bonomi, founder director di Aaster, ha sintetizzato con efficacia il tema del panel "Dalle cooperative di comunità il rinascimento delle aree interne", uno degli appuntamenti centrali della partecipazione di Confcooperative al Festival dell'Economia di Trento.
I nodi strategici della rigenerazione territoriale
Secondo Bonomi, le cooperative "sono quelle che tessono i servizi" e si trovano "in mezzo ad alcuni nodi fondamentali: turismo, digitale, integrazione, inverno demografico". Un ruolo di cerniera che diventa cruciale quando "senza questa cura vengono giù le aree interne".
"Confcooperative fa società e lo dimostra in questo festival di Trento", ha aggiunto l'esperto, definendo il movimento "la voce di chi sta in mezzo e viene messa in mezzo", una posizione che da sfida può trasformarsi in opportunità di mediazione sociale.
Nuovo patto sociale oltre gli incentivi tradizionali
Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, ha inquadrato la questione in una prospettiva più ampia: "In questa fase prolungata di incertezza, con il fallimento dei modelli economici tradizionali, dobbiamo capire qual è il nostro ruolo al fianco delle comunità per generare risposte, a partire dalla lettura dei bisogni".
La proposta è ambiziosa: "Serve un nuovo patto sociale, con il protagonismo dei cittadini e il supporto delle istituzioni". Un supporto che, ha precisato Gardini, "non è negli incentivi, ma nel riconoscimento del ruolo di queste imprese per il benessere delle comunità, anche attraverso l'accesso ai fondi per le politiche di coesione".
Liguria, 250mila persone in territori "quasi desertificati"
Anna Manca, presidente di Confcooperative Liguria, ha portato l'esperienza concreta di una regione dove "250mila persone vivono nelle aree interne". Si tratta di "territori difficili, dove fino a 100 anni fa si faceva agricoltura, c'era un equilibrio tra città e aree interne, la presenza degli agricoltori garantiva la manutenzione del territorio".
Oggi la situazione è radicalmente cambiata: "Sono aree quasi desertificate, dove vengono meno i servizi e si assiste al dissesto idrogeologico". Un quadro che richiede interventi mirati e continuativi.
Funzione riparatoria e presidio sociale
"Le cooperative hanno una funzione riparatoria in queste zone, perché rispondono ai bisogni e ricompongono le fratture", ha spiegato Manca, evidenziando la duplice natura di queste realtà: "Sono imprese, ma anche un presidio sociale importante per chi resta sul posto".
Una duplicità che rappresenta il valore aggiunto del modello cooperativo nelle aree marginali, dove spesso mancano sia le condizioni di mercato per l'impresa tradizionale sia le risorse pubbliche per servizi adeguati.
I cammini come attivatori di sviluppo
Irene Bongiovanni, presidente di Confcooperative Cultura Turismo e Sport, ha portato l'attenzione su esperienze innovative: "I cammini sono stati grandi attivatori di opportunità. Le cooperative sono nate sul percorso dei cammini, portando sviluppo in queste aree".
Un esempio di come "la cultura sia un attivatore di sviluppo", ma che richiede approcci nuovi: "Servono nuovi modelli, serve definire strumenti e buone pratiche, come il partenariato pubblico sociale, perché possano crearsi nuove opportunità".
Gli strumenti ci sono, serve il riconoscimento
Bongiovanni ha concluso con una nota di ottimismo temperato dalla consapevolezza delle sfide: "Le cooperative hanno in sé tutti gli strumenti per" operare in questi contesti, ma è necessario che il sistema istituzionale riconosca e sostenga questo ruolo strategico.
Il dibattito ha così delineato un percorso che dalle cooperative di comunità può portare a un vero rinascimento delle aree interne, a condizione che si realizzi quel "nuovo patto sociale" invocato da Gardini, capace di mettere insieme protagonismo dei cittadini, capacità imprenditoriale delle cooperative e sostegno strategico delle istituzioni.
Una sfida che va oltre la singola dimensione economica e che chiama in causa la tenuta stessa del tessuto sociale e territoriale del Paese, di fronte al rischio che i "comuni polvere" si trasformino definitivamente in deserti demografici ed economici.
Francesco Agresti